PARROCCHIA SANT' ELIA

Parroco
P. Saverio Fabiano omi

Tel 348 454 5967

 Mail  fabiano.saverio@gmail.com


Vicario Parrocchiale

P.Stefano Messina omi

Tel 338 837 0146


Vicario Parrocchiale

Ivan Garro omi

Tel 327 157 2420


Collaboratore 

P. Francesco Montesano omi


ORARI ESTIVI SANTE MESSE

Giorni feriali 

Parrocchia h. 18.30

Sabato
h. 18.30

Domenica

Parrocchia h. 8.30 -  20.00
Cappella Maria Regina della Pace h. 9.30

STORIA DEL QUARTIERE SANT'ELIA

Il quartiere Sant'Elia, il più meridionale della città, si estende a ridosso di un'area una volta paludosa, e vicino al faro omonimo.

La denominazione di quest’area della città di Cagliari trae origine dalla sovrapposizione del culto di due diversi santi di nome Elia.

La statua di Sant’Elia Profeta si trovava originariamente nella chiesa di Sant’Elia al Monte, sull’omonimo promontorio. Dopo la distruzione del tempio, fu trasferita dall’arcivescovo di Cagliari presso la chiesa della Madonna del Buon Cammino in Quartu Sant’Elena.
Intorno al IV secolo, infatti, sulle alture della zona visse un eremita e anacoreta sardo, di nome Elia. Fu martirizzato su questo colle durante le persecuzioni di Diocleziano, e i suoi resti furono seppelliti dalla popolazione locale sul promontorio che da allora portò il suo nome. In seguito fu costruito un edificio sacro per conservare i suoi resti, denominato Sant’Elia al Monte, attestato come proprietà dei monaci Vittorini dal 1089. Intorno al 1600 i resti di Sant'Elia Anacoreta furono interessati dalla ricerca dei corpi santi operata dall’Arcivescovo di Cagliari Francisco Desquivel, e ancora oggi si trovano conservati nella Cripta dei Martiri della Cattedrale di Cagliari. Oggi della chiesa di Sant’Elia al Monte rimangono solo ruderi, interessati in tempi recenti da alcuni scavi archeologici. (Maria Adele Ibba, Alfonso Stiglitz e Fabio Nieddu, Indagini archeologiche sul Capo Sant'Elia a Cagliari, in Quaderni, n. 28, 31 dicembre 2017, pp.353–386.)

In seguito, a partire dal XVI secolo si stabilirono presso l’area del promontorio di Sant’Elia Anacoreta alcuni membri della Congregazione Carmelitana, che decisero di intitolare il promontorio a Sant'Elia Profeta, personaggio biblico e principale ispiratore dell’ordine carmelitano. Fu allora che il culto per il profeta Elia soppiantò parzialmente quello per l’eremita sardo Elia. I carmelitani, temendo le incursioni saracene, lasciarono presto il promontorio per stabilirsi definitivamente presso Piazza del Carmine nel quartiere cagliaritano di Stampace, dove ancora oggi si trovano. Rimase però a testimonianza del loro passaggio la seconda intitolazione del promontorio al profeta Elia. (Promontorio della Sella del Diavolo ( I Luoghi del Cuore - FAI, su fondoambiente.it. )

Il primo nucleo della popolazione che tuttora abita il borgo Sant'Elia si stabilì nella zona durante la seconda guerra mondiale dal gruppo degli sfollati che si erano rifugiati nei ruderi del Lazzaretto. Diede origine all'antico borgo dei pescatori. Negli anni '50 del secolo scorso sono state ristrutturate le casette alle pendici del colle, intorno alle quali si snoda una fitta rete di stradine; al centro si trova la Chiesa parrocchiale, proprio di fronte al bellissimo mare.

Nel piazzale di fronte al mare sorge il Lazzaretto, costruito nel 1600 ed usato fino al 1800 come area di ricovero per i quarantenati, presunti portatori di malattie epidemiche come la peste, il vaiolo, il tifo e la scrofola.

La sua storia viene scritta sotto il regno d'Aragona e termina sotto la dinastia dei Savoia, in contemporanea alla nascita del regno d'italia. Personaggi illustri, loro malgrado, lo hanno visitato: il canonico Giovanni Spano e il generale francese Alexandre Charles Perregaux.

Durante la II guerra mondiale, a seguito dei bombardamenti di Cagliari nel 1943, il Lazzaretto fu utilizzato come rifugio per gli sfollati.

Restaurato nel 1998 dall'architetto veneziano Andrea de Echer e adibito a sede di un polivalente Centro Comunale d'arte e cultura, che oggi ospita corsi, mostre d'arte, rassegne esposizioni a carattere temporaneo, eventi culturali a vario titolo, residenze d'artista, attività convegnistiche e di formazione.

Lungo la costa si può ammirare una torre costiera di Cagliari, situata poco lontano dal fabbricato settecentesco dell’ex Lazzaretto. È raggiungibile direttamente dal borgo. L’edificio sorge su un angusto spuntone roccioso del colle Sant’Elia, ad una trentina di metri sul livello del mare. Il nome “del Prezzemolo” identificava in passato un’altra torre costiera, la vicina torre di cala Fighera, non più esistente.

I palazzoni

Il complesso del Favero, ispirato al modello delle Unités d’habitation di Le Corbusier, è formato da quattordici blocchi posti intorno a tre piazze con i toponomi (poco fantasiosi) delle imprese che li edificarono: Demuro, Falchi e Lao Silesu. I 1.256 alloggi gestititi dall’Istituto Autonomo Case popolari (IACP) furono attribuiti nel 1979 a famiglie di diversa origine: giovani nuclei originari del Borgo Vecchio (circa 1.200 persone), ultimi occupanti dell’edificio del Lazzaretto e nuovi arrivati. La costruzione del Favero rappresenta una trasformazione radicale del quartiere che si può riassumere attraverso tre aspetti: - Lontananza. La distanza fra il Borgo Vecchio e il Favero, di circa 700 metri, rappresenta una seconda frattura per un quartiere già isolato e rende difficili le relazioni di vicinato fra le due entità. - Rischio di dissoluzione della comunità di vicinato. Con l’edificazione di un nuovo complesso abitativo, il quartiere perde la sua unità identitaria, fondata sul nome di Sant’Elia: è chiamato generalmente “il Favero”, all’interno del quartiere sono “I palazzoni” o il “Borgo nuovo”; per molti altri in maniera stigmatizzante diventano il Bronx o la Casbah. - Discontinuità del modello architettonico e abitativo. Il gigantismo architettonico del Favero rappresenta la negazione del modello dei piccoli edifici del Borgo Vecchio e, dal punto di vista paesaggistico e socio-urbanistico, obbliga i residenti a un modo di vita e a un adattamento al labirinto di questa “casbah verticale”.

La riqualificazione (1996-2012)

A partire dalla seconda metà del decennio Novanta, l’elaborazione e la l’attuazione di nuovi programmi nazionali e di altre iniziative modificheranno l’approccio degli attori pubblici rispetto agli interventi destinati al quartiere. Si tratta di un approccio che traduce l’evoluzione delle modalità di azione sulle periferie e sull’alloggio popolare in Italia e che avrebbe dovuto avere conseguenze importanti su Sant’Elia, soprattutto nella prospettiva di rottura dell’isolamento e verso una riarticolazione o di “inclusione” del quartiere alla città. La tabella sintetizza le iniziative in sette principali ambiti d’intervento che esplicitano la continuità, l’evoluzione, ma anche la “rottura” dei diversi approcci (vedi tabella). Anche se non è facile ricostruire la periodizzazione di tali interventi, dal momento che la maggior parte di quest’ultimi non sono conclusi o restano “aperti” anche se solo allo stato di progetto. Si tratta d’interventi che, in linea di principio, avrebbero dovuto essere connessi tra loro ma che lo sono solo in parte. In essi si possono leggere due approcci principali: quelli che esplicitano una priorità sociale e “comunitaria”, e quelli che esplicitano una priorità urbanistica. 


STORIA DELLA  CHIESA PARROCCHIALE

La parrocchia fu eretta da Mons. Paolo Botto il 1 gennaio 1953; fu riconosciuta civilmente il 23 settembre 1955. 

La chiesa venne consacrata da Mons. Paolo Botto il 29 giugno 1968. Anticamente nel Borgo S. Elia esisteva un convento di Carmelitani, ora del tutto distrutto. (da “Un secolo in canonica”, di mons. Giovanni Marras). 

ELENCO DEI PARROCI
Fabiano p. Saverio dal 2021
Faedda don Giacomo dal 2016 al 2021
Zara don Giampiero dal 2014 al 2016
Corgiolu don Paolo dal 2010 al 2013
Lai mons. Marco dal 1998 al 2010
Palmas mons. Guido dal 1988 al 1998
Paradisi mons. Vasco dal 1970 al 1988
Aramu mons. Giuseppe dal 1952 al 1970


MISSIONARI OBLATI DI MARIA IMMACOLATA

Il Fondatore:
Sant’Eugenio de Mazenod

Eugenio de Mazenod nasce in Francia ad Aix en Provence nel 1782.

Figlio di aristocratici, con l’inizio della rivoluzione francese è costretto a fuggire in Italia, dove resterà in esilio con suo padre fino all’età di 20 anni. Tornato in patria cerca invano di sistemarsi attraverso una carriera militare e un matrimonio di convenienza, ma entrambe le strade si rivelano impraticabili.

È così che in un momento di crisi esistenziale per la sua vita, all’incirca nel 1807, durante un venerdì santo, si sente profondamente amato da Dio che ridà un senso alla sua vita. Decide così di diventare sacerdote e, nel 1812, dopo l’ordinazione chiede di dedicare il suo ministero in favore dei giovani, dei carcerati e degli abitanti delle campagne.

Dopo aver contratto il tifo in carcere rischiando di morire, comprende che la sua intuizione di lavorare per i più poveri e abbandonati non può essere portata avanti da solo. Raduna così alcuni sacerdoti con il suo stesso spirito e fonda la prima comunità dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, con l’obiettivo di lavorare insieme per i più abbandonati, anche attraverso le missioni popolari nelle campagne.

La Congregazione, poi approvata dal Papa nel 1826, cresce e si diffonde in tutto il mondo. Vengono inviati missionari in Canada, Oregon, Sri Lanka ,Texas, per rispondere sempre alle necessità della Chiesa abbandonata.

Eugenio diventa vescovo di Marsiglia nel 1832. Muore il 21 maggio 1861. Viene canonizzato da Giovanni Paolo II nel 1995.

Il carisma

Siamo una famiglia religiosa, fondata da Sant’Eugenio de Mazenod nel 1816. Oggi siamo poco meno di 4000, sparsi in 70 nazioni del mondo.

Siamo missionari, perchè vogliamo dire a tutti che Cristo è il centro della nostra vita ed è speranza di salvezza e di risurrezione per ogni uomo. Ma non solo!

Formiamo anche una famiglia più grande, insieme a migliaia di laici, giovani e adulti, che in tutto il mondo condividono con noi la nostra missione.

Il nostro carisma è comunione ed evangelizzazione, perchè sappiamo che la carità, l’amore tra noi, è il fondamento e la linfa che ci apre a tutti e ci dà la passione per l’annuncio del Vangelo.

Ci stanno a cuore i poveri!

“Mi ha mandato ad evangelizzare i poveri” è il motto che ci guida. Siamo inviati a coloro che non sono raggiunti dal messaggio di speranza del Vangelo. Gli ultimi, i più abbandonati, i poveri dai molteplici volti, che chiedono speranza e salvezza: a loro è rivolta la nostra missione. Evangelizzare i poveri per noi significa fargli scoprire e sperimentare la loro dignità, nel modo in cui Sant’Eugenio de Mazenod ha capito di dover fare con la gente del suo tempo:

In questo santo tempo ci saranno molte istruzioni per i ricchi, per coloro che hanno ricevuto un’educazione. Non ce ne saranno per i poveri e gli ignoranti? Però il Vangelo deve essere insegnato a tutti e deve essere insegnato in modo da essere capito. Venite soprattutto voi, poveri di Gesù Cristo. Artigiani, cosa siete per il mondo? Una classe di persone costrette a passare la loro vita nell’esercizio faticoso di un oscuro lavoro, che vi mette alle dipendenze dei vostri datori di lavoro. Domestici, chi siete per il mondo? Una classe di schiavi di coloro che vi pagano, esposti al disprezzo, all’ingiustizia e, spesso, anche ai cattivi trattamenti di padroni esigenti che credono di poter comprare il diritto di essere ingiusti con voi con il misero salario che vi danno. E voi contadini, cosa siete per il mondo? Per quanto sia utile il vostro lavoro siete valutati solo per le vostre braccia e se si tiene conto, a malincuore, dei vostri sudori è perchè fecondano la terra e la irrigano.Ecco ciò che pensa il mondo, ecco cosa siete ai suoi occhi! Venite adesso ad imparare da noi cosa siete agli occhi della fede. Poveri di Gesù Cristo, afflitti, disgraziati, sofferenti, voi tutti oppressi dalla miseria, fratelli miei, miei cari fratelli, miei rispettabili fratelli: ascoltatemi! Voi siete i figli di Dio, i fratelli di Gesù Cristo, i coeredi del suo Regno eterno, la porzione scelta della sua eredità; voi siete, come dice San Pietro, la nazione santa, voi siete re, voi siete sacerdoti, voi siete, in qualche modo, dei. Dentro di voi c’è un’anima immortale creata a immagine di Dio, Dio che un giorno è destinata a possedere; un’anima acquistata a prezzo del sangue di Gesù Cristo, più preziosa, davanti a Dio, di tutte le ricchezze della terra, di tutti i regni del mondo“.

(Dagli appunti di Eugenio de Mazenod per le prediche del 1813 alla chiesa della Maddalena di Aix en Provence)

La predicazione delle missioni popolari fu il primo ministero degli Oblati. Ancora oggi, esse rimangono un punto saldo della nostra attività. Ma non solo! L’evangelizzazione dei giovani è una delle nostre priorità e ci impegniamo a rispondere a bisogni e urgenze della Chiesa e dei poveri in vari altri campi. I poveri più poveri: carcerati, immigrati, tossicodipendenti, fin dall’inizio sono i nostri preferiti. Il ministero parrocchiale non ci è estraneo e ci permette di infondere lo spirito missionario alle comunità che serviamo. Promuoviamo progetti in tanti paesi in via di sviluppo per l’educazione, la salute, la formazione dei giovani. Alcuni santuari mariani ci vedono impegnati ad accogliere i pellegrini per offrir loro l’esperienza della misericordia “materna” di Dio. Siamo attenti alle culture e alle religioni dei popoli che incontriamo, con spirito di apertura e di dialogo.




Per offerte alla Caritas  Intestatario: P.Saverio Fabiano   Beneficiario: Caritas parrocchiale.
Causale: interventi Caritas parrocchiale   Codice iban:   IT57W3608105138285030285047


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